mercoledì 7 novembre 2007

Colui che sa tacere, sa anche parlare a tempo (Niccolò Tommaseo)

"Certamente l'esistenza umana sarebbe molto più felice se negli uomini la capacità di tacere fosse pari a quella di parlare. Ma l'esperienza insegna fin troppo bene che gli uomini non governano nulla con maggiore difficoltà che la lingua". (Baruch Benedetto Spinoza)

"Al di là delle vicende che ci hanno qualche volta diviso, rendo omaggio a uno dei protagonisti del giornalismo italiano cui sono stato per lungo tempo legato da un rapporto di cordialità che nasceva dalla stima"
(Silvio Berlusconi, 6 novembre 2007).
Come si fa, signor Berlusconi, a stimare uno di quelli che ha fatto "della televisione pubblica, pagata con i soldi di tutti, un uso criminoso" (Silvio Berlusconi, 18 aprile 2002)?



martedì 6 novembre 2007

La morte di un fuoriclasse

Fino a questa mattina, rispondere a questa domanda non era difficile: chi è il più grande giornalista italiano? Il primo nome che sarebbe subito piombato in mente sia a coloro che acquistano tre quotidiani al giorno, sia a coloro che non ne sfogliano mezzo, sarebbe stato quello di Enzo Biagi. Adesso la risposta non è più così immediata. Non perchè dietro Biagi ci sia solo ed unicamente feccia. Anche, ma non solo. Bensì perchè Biagi non può essere paragonato con nessun altro giornalista in vita. Ha vissuto le incredibili vicende di un secolo che ha amato molto, ed ha avuto il merito di raccontarle con lo stile di un inconfondibile fuoriclasse. Con lui se ne va un pezzo di storia, un pezzo pregiato di cui molti sentiranno la mancanza. Ha iniziato a scrivere a 17 anni Biagi, erano gli anni Trenta, era tutta un'altra Italia. Ha vissuto da protagonista il periodo buio del fascismo, al quale si è ribellato combattendo da partigiano. Fu proprio lui, il 21 aprile del 1945, ad annunciare alla radio la fine della guerra. Negli anni successivi Enzo Biagi scriverà per le principali testate nazionali e lavorerà in televisione dirigendo, fra l'altro, il Tg1. Il suo talento ed il suo stile gli permetteranno di brillare come nessuno sia con la penna in mano, sia negli schermi degli italiani. I più giovani lo ricordano soprattutto per il suo "fatto", trasmissione che resterà nella storia della nostra televisione. Un patrimonio nazionale Biagi; ha vissuto da protagonista gli eventi chiave del Novecento, basti guardare le foto che lo ritraggono a colloquio con personaggi come Bob Kennedy, la Thatcher, Arafat, Gorbaciov, Spadolini ma anche Dalla Chiesa, Montale, Agnelli, Allen e tanti altri. Un talento ed una storia unica alle spalle che non gli hanno impedito però di essere cacciato dalla Rai come il più insignificante dei redattori. Era il 2002, era l'editto Bulgaro, era Berlusconi, che dopo essersi scontrato, guardacaso, con l'altro maestro del giornalismo, Montanelli, chiede che Biagi sia spedito a casa. E, cosa più vergognosa, la Rai risponde "obbedisco". Dopo 700 puntate Il Fatto chiude per sempre i battenti, con Biagi che innanzi a tale ingiustizia dichiara: "meglio essere cacciati per aver detto qualche verità che accettare compromessi". Tornerà in tv solo nel 2007, stupendo coloro che ormai temevano non vi fosse più spazio per il giornalismo di Biagi in un panorama di tette-culi-pallone non stop. Il resto è storia di questi giorni, di oggi, di questa mattina. Enzo Biagi è morto. E' morto un uomo che Napolitano ha giustamente definito "una voce libera". E' morto un uomo di ispirazione socialista capace però di dichiarare "si può essere a sinistra di tutto, ma non del buon senso". E' morto un uomo che resterà nella storia del giornalismo per come ha saputo interpretare la sua professione. Amandola, innanzitutto: "avremmo fatto questo mestiere anche se non ci avessere pagato, ma per favore, non facciamolo sapere". E' morto un fuoriclasse.

lunedì 5 novembre 2007

Tutti per uno

Che sia ben chiaro. Nicolau Mailat, il romeno che la scorsa settimana ha barbaramente ammazzato Giovanna Reggiani, è un criminale schifoso ed ingiustificabile. Non appena appresa la notizia di quanto accaduto a Tor di Quinto, in molti se avessero potuto avrebbero strappato dal petto il cuore del carnefice. A mente fredda, però, è chiaro che Mailat dovrà essere punito diversamente, poichè si tratta un essere umano, pur essendo, permettetemelo, un uomo di merda. Giustissimo gettare la chiave della sua cella, giustissimo rispedire in patria i romeni o, più in generale, gli stranieri seriamente pericolosi per i cittadini italiani, giustissimo varare un pacchetto sicurezza rigoroso. Fin qui tutto corretto. Quello che non è però corretto è lasciarsi offuscare la mente dall'odio generato da quanto accaduto ad una povera donna che poteva essere nostra madre, o nostra sorella, o nostra figlia. L'assassino è un romeno, è un rom, ma questo non significa che ogni suo connazionale sia fatto della stessa, indecorosa, pasta. Va bene, benissimo, cacciare i criminali. Ma il calcio in culo va tirato a chi davvero lo merita. Se un romeno ammazza un italiano, ammazzare un romeno non migliorerà la situazione. Le spedizioni punitive contro dei rom che non hanno nulla a che fare con Mailat rappresentano una folle forma di squadrismo che risponde all'equazione romeno = criminale che rischia di colpire dei poveri stranieri che si spaccano la schiena lavorando dodici ore al giorno per sfamare i figli. E' vero che Mailat non è stato nè l'unico straniero nè l'unico romeno a macchiarsi le mani di sangue. Ma ciò non vuol dire che tutti i romeni che raggiungono l'Italia sono dei criminali. Non dimentichiamoci che a dare l'allarme di quanto accaduto a Tor di Quinto è stata una donna romena. Atto di civiltà che si affianca a quello di umanità compiuto da un immigrato romeno che, donando gli organi della moglie defunta, ha aiutato tre siciliani. Ed è la terza donazione in pochi mesi da parte di romeni, fanno sapere da Palermo. Che i criminali vadano puniti severamente è opinione condivisa dallo stesso governo e dai cittadini romeni. Gli abitanti del villaggio dove nacque Mailat ripudiano il loro connazionale, gli danno della bestia, del bastardo. Affermano di essere solidali con l'Italia e di non voler pagare perchè uno di loro si è macchiato di un delitto terribile. Della stessa opinione è anche l'ex numero uno del mondo di tennis Ilie Nastase, nato a Bucarest, che per punire gli assassini come Mailat, si dichiara favorevole alla pena di morte. Troppo facile allora fare di tutta l'erba un fascio ed incoraggiare la caccia al romeno. Meno semplice ma molto più corretto saper valutare i diversi casi ed intervenire con prontezza e severità qualora ve ne sia motivo. Basta trasformare la rabbia in xenofobia. Chiudo ponendo un quesito. Del caso di Tor di Quinto si è parlato a lungo, perchè è un evento che suscita orrore e clamore. Stessa cosa è accaduto tempo fa per altri omocidi ormai a tutti ben noti, vedi la strage di Erba, vedi l'assassionio di Garlasco. Mi spiegate perchè davanti ai corpi di un'intera famiglia straziati, si è reagito diversamente? O, per fare un triste esempio più facilmente paragonabile all'omicidio di settimana scorsa, mi spiegate che differenza c'è tra l'uccisione di Chiara Poggi e quella di Giovanna Reggiani? Si tratta di due povere donne crudelmente ammazzate. Due donne la cui vita è stata stroncata da un criminale. Due donne con amici e parenti che piangono ancora la loro assurda scomparsa. C'è però una grande differenza: tutti i romeni sono degli sporchi criminali che meriterebbero il cappio, mentre gli italiani no. Perchè?